(201608261651)
Lo so, sono pessima. Sono inconstante nello scrivere, non esattamente il comportamento che ci si aspetterebbe da una persona che gestisce un blog. E ora me ne esco con un ‘vado a vivere in olanda’.
Ma il fatto è che ci sono sul serio.
Non so come, non so quando, ma è accaduto. Ti ritrovi dalla sera alla mattina che hai preso decisioni che sai che cambieranno la tua vita per sempre, anche se non sai in quale direzione questo cambiamento avverrà.
Così, da giugno, sono approdata in terra straniera. L’Olanda, che poi in realtà si chiama Paesi Bassi perché Olanda è solo una delle tante regioni, terra fiabesca di profughi (e colonizzatori, sfruttatori, schiavisti, sì ok) che accoglie chiunque chieda asilo e voglia fuggire dalla propria vita. L’Olanda, con il re che si prende cura dei suoi sudditi, li ama, li veste, li pettina, li manda a produrre.
L’Olanda, con la sua lingua che sembra un inglese sporcato di fango, un porto ricco di british people, accenti tedeschi e parole francesi. Una mega fusion di stili e correnti di pensiero, tutte rispettose l’una dell’altra. Vuoi fare la drag queen? Accomodati. Vuoi essere un numero? Fai pure, ci limiteremo a schedarti all’anagrafe. Vuoi sperimentare? Entra in uno dei nostri negozi. Vuoi essere uguale alla massa? Entra in uno dei negozi del centro.
L’Olanda, la cucina del mondo fatta dispensa di un ristorante a cinque stelle. Cibo compreso, ovviamente, perfino al supermercato. Dal pronto thai alla schifosa “celebre pasta italiana con mascarpone sauce” (ma dove), non manca la confezione di caffè a meno di 2 euro. Roba che da noi a quella cifra lo trovi solo al discount. E, se proprio senti la mancanza della versione italiana, c’è il barattolo di Lavazza che costa meno che alla nostra Coop! Che qualcuno avvisi il tizio delle pubblicità che la notte si alza e va a lavorare per offrire un servizio migliore agli italiani.
L’Olanda, patria delle tolleranze. Vuole bene a tutti. A tutte le differenze. A tutte le correnti di pensiero. Non alza la voce, non spinge quando fa la fila, non polemizza sull’aria fritta. Non si lima le unghie negli uffici comunali e non vive del mito della mela americana. Per un italiano tutto questo è assai strano e anche un po’ utopistico, tant’è che di connazionali ne trovi parecchi, che vengono a verificare quanto ci sia di vero, ma li riconosci subito: si aggirano in gruppo, sono griffati, schiamazzano a decibel improponibili e stanno uscendo dai coffee shops.
E io italiana che non schiamazzo, cosa ci faccio qui?
Io sono qui per ricominciare. Ancora una volta. Atterrare con il lanciafiamme la mia vita e ricostruire continuamente è uno sport che pratico con metodo e regolarità. Senza voltarmi indietro. Se fai, fai. Non puoi permetterti di far esistere la mancanza di ciò che avevi, semmai esiste l’incertezza del domani. Ma quella ce l’hanno tutti. Quindi, perché non provare?
Ci sentiamo tra un po’; prometto che cercherò di essere più costante. E, soprattutto, prometto che cercherò di essere più obiettiva possibile nelle mie cronache. Non dico “più giornalistica possibile” perché sappiamo che la suddetta categoria è una delle meno imparziali del mondo…
Ah: al momento in cui sto scrivendo, mi trovo in giardino e ci sono 30 gradi. No, così: l’estate esiste anche qui. Ciao a tutti i disfattisti.
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