(201108161152)
Te lo ricordi il primo bacio? Io sì. Ricordo il giorno, e vagamente anche l’ora. Era alla stazione, rubato. Incapace di resistere, tu che lo hai dato, io che lo ho preso. Seguiva 24 ore strane, immerse nell’acqua e nei dialoghi, con gli occhi che parlavano da soli. Una notte a separare, fatta di una luna che illuminava le onde, fatta di stelle che illuminavano il fondale del mare e dei nostri desideri.
Te la ricordi la prima volta? Io sì. Ricordo il giorno e anche l’ora. Era molto tempo dopo. Un incedere eterno, o cortissimo, passato a cercarci con un elenco di scuse figlie della banalità. Quando è stata, era contornata da un aura diventata surreale per l’attesa. Il sottile mangiarci. L’esplorazione salita lenta, in mezzo alla strada, mentre qualcuno commentava ‘turisti’. Non poteva sapere che non eravamo turisti. Che non eravamo in vacanza. Che non eravamo disinteressati all’ambiente. Eravamo solo maledettamente attratti da noi.
Te lo ricordi il primo sguardo? Io sì. Ricordo il giorno, e forse anche l’ora. Era oggi. Un oggi di qualche tempo fa. Una stretta di mano incerta, un educato presentarsi e non ci siamo più lasciati. Nonostante tutto. L’ora, a pensarci, non ha importanza. E’ sempre stato un conteggio vano, quando fatto insieme.
Te lo ricordi un dettaglio? Io sì. Ricordo un cappello. La prima cosa che ho notato, dopo il sorriso nello sguardo.
E ricordo una barca. Procedeva lenta, ma sicura. Il suo viaggio ci sfilava davanti agli occhi, che avevano appena cominciato a schiudersi, dopo un lungo sonno.
“Il tempo, che unità di misura strana. Vola sempre, con te.”
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photo credits: Lucio Barbuio, senza titolo