stato di coscienza - state of consciousness

Lo stato di coscienza

(photo credits: Lindelokse, Nous) 

 

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Situazione attuale:

un sabato sera, zero gradi fuori, calduccio da termosifone dentro. Lucine soffuse. Letto, che non è mai troppo presto. Devo ancora cenare; non ho fame. Sto attendendo una telefonata che probabilmente non arriverà nemmeno oggi.

Il pensiero che mi gira in testa da tutto il giorno non è originale a me, né alla comunità.

Penso a cosa voglia dire essere felice.

Difficile, vero?

E invece no.

Essere felice è uno stato di coscienza.

La stessa coscienza che mi fa pensare a questo concetto da tutto il giorno, e che mi ha trovata un po’ giù, ma senza alcun motivo reale.

Questa è la storia.

Ero lì, tutta concentrata su come fare pubblicità a una delle mie pagine Instagram. Ne ho una che traccia il mio viaggio in fotografia, e recentemente ne ho aperta un’altra dedicata al mio disegno. E’ un disegno particolare, decisamente non per tutti, incentrato sulla figura femminile, l’amore e la passione, il sesso, e su come la mente ne resti imbrigliata. Instagram mi concede di tenere aperto l’account, ma mi blocca ogni forma di pubblicità, perché il contenuto è ritenuto sessualmente provocante —–>inclusa questa foto:

Mi ci è voluto molto pensare, molto coraggio e molto tempo rubato ad alcuni amici (grazie! Voi sapete chi siete) per buttare fuori questa produzione, e (senza alcuna sorpresa, comunque), Instagram mi ha bannato dal mondo dell’advertising.

Questo pensiero è bastato a modificarmi l’umore, mentre era in corso, tanto che a un certo punto della mattinata, quando mi sono ritrovata a interagire con mia figlia che si era svegliata ed è venuta a darmi il buongiorno, mi sono accorta che non ero la stessa. Ero, diciamo, ‘scurita’. ‘Negativa’.

Allora mi sono fermata a riflettere.

Davvero pensare a modi alternativi di farmi pubblicità poteva cambiarmi l’umore?

No. In realtò proprio per niente, ero ancora la stessa di quando mi ero svegliata – una Paola con il raffreddore, una vita in regola, due siti internet e due pagine instagram.

La questione era più subdola.

E’ così che mi è tornato in mente per la centesima volta il concetto di cui da sempre sono convinta, e di cui parliamo oggi in questo articolo.

Voglio davvero lasciare che il ban pubblicitario di Instagram mi condizioni la giornata, e mi porti a essere musona, scontrosa e a trasmettere energie negative? Chi mi incontrerà tenderà a chiedere ‘tutto bene? Ti vedo un po’ così’, e noi tenderemo a rispondere ‘No, non va tutto bene’. Questo darà il via a una serie di reazioni a catena, il nostro cervello ascolterà che non va tutto bene e ci farà entrare in un cono verso il basso, che alla fine ci porterà a dire che avremo avuto una orrenda giornata.

Ora proviamo a fare il ragionamento inverso.

Non posso fare pubblicità su Instagram alla mia nuova pagina. Ma: ho una nuova pagina, testimone del coraggio di rendere pubblica una nuova idea, e l’occasione di pensare a forme alternative di pubblicità. E’ sabato, c’è stato il sole, non sto lavorando, il che implica che ho un lavoro, che di questi tempi ti pare poco? Vivo all’estero e posso contare solo su di me per mantenere me stessa e la figlia. E ho un raffreddore, il che implica che sono in buona salute, considerati i miei precedenti. Tutto sommato, ho tutto quello che mi serve per essere felice. Tutto sommato, sono felice.

Certo, ho una lista lunga così di sogni, desideri che tardano ad avverarsi, un buco quando si parla di amore, e incubi notturni popolati dai fantasmi del passato. Ma tutto sommato sono felice.

Perché se aspetto che i miei sogni si avverino, i miei desideri si materializzino, il mio amore si materializzi sul cavallo bianco, quella telefonata arrivi, i miei incubi se ne vadano, e Instagram mi faccia fare pubblicità, non sarò mai felice. Specialmente per la parte del cavallo bianco: questo è sempre il sito della Druida, e si sa quanto io ci tenga all’amore.

Non lascereste mai che qualcun altro si prendesse il merito delle vostre gioie, vero? Allora, allo stesso modo, non lasciate che qualcun altro o qualcos’altro vi rubi il diritto a essere felici. Siete voi a stabilire a cosa dare un peso, quando vi alzate la mattina, e da cosa vi farete condizionare l’umore.

E non mi dite che parlo facile, e la vostra situazione è più complessa. Tutti abbiamo situazioni complesse. Lo sapete. Il punto è che ci sono due tipi di persone: quelle che ‘Sono felice e’, e quelle che ‘Sarò felice quando’.

Voi quale siete?

 

conchiglia in riva al mare

L’ingrediente segreto della vita

(201706151309)

Stamattina mi hanno mandato questa: 

Immagino che abbiate premuto Play, per sentire di cosa si tratta.

Se non lo avete fatto, andate ora – zum, premete e lasciatevi accompagnare dalle note, mentre continuate a leggere.

Avrete un’idea di dove sono mentalmente e di dove mi ha mandato il mio interlocutore, con questo link del mattino. 

Ogni brano è un pensiero, un sentimento, un’emozione.

Ci sono stati d’animo da pop, stati d’animo da rock, stati d’animo da metal, stati d’animo da latina, and so on.

 

Oggi, 15 giugno 2017, alla vigilia del mio primo anniversario di vita olandese, il genere musicale di questo brano mi ricorda che: 

 

Io questa Olanda la sento come un esperimento dell’ora. A quanti dico che non penso di restare qui per il resto della vita, gli si sgranano gli occhi.

Il passare delle stagioni è soggettivo e, allo stesso tempo, condizionato dall’ambiente al quale il nostro corpo è abituato. 

Non trovo così scioccante la presenza della luce diurna, tanto atipica rispetto all’Italia ma c’è di peggio, vi assicuro.

L’Olanda mi piace molto più di quel che avrei creduto possibile; e di posti ne ho vissuti tanti.

Bisognerebbe rendere obbligatorio il soggiorno all’estero a chiunque, come un esame, una materia a scuola: pim, gente buttata così, con una manata in mezzo alle scapole che li spinge, a tutti quanti. C’è da imparare a palate, e il mondo alla fine sarebbe un posto migliore.

Nonostante le manate in mezzo alle scapole, alcuni restano ottusi come un lavandino intasato. Ehh, là non c’è nulla da fare, ci consoliamo con la speranza che siano una minoranza.

Mi sono divertita a passeggiare nella neve, questo inverno, ma non è il mio.

Io non sono una da montagna; non sono nemmeno una da campagna. Io sono una da caldo/mare. Sono cresciuta al mare, conosco a memoria gli effetti della salsedine, il beneficio dello iodio e il suono dell’incresparsi delle onde. I baretti sulla spiaggia. La birra e le patatine mentre i piedi sono affondati nella sabbia. Quella stessa sabbia che ti ritrovi nelle mutande e sul pavimento di casa. I negozi di canotti gonfiabili in fila indiana sullo stradone principale. L’impossibilità di coltivare un giardino se sei di fronte alla costa. Il mare d’inverno e il suo grigio che comanda. Il mare comanda. Decide, inghiotte, ricopre e risputa. Separa e unisce terre. Fa apparire i sogni, perché questi sono l’unica cosa che non ingurgita mai. 

Comunque io sono anche una da città, quella che puzza di catrame e che scorre dai finestrini dei mezzi pubblici. È possibile, dunque, che mi serva una città grande dotata di mare.

Ma sono anche una da scenario deserto. E’ altrettanto probabile, allora, che mi serva un nulla, vicino a dell’acqua, due piante e una grande tecnologia a portata e al bisogno. 

Per ora sto ancora cercando. Ma comincio a sospettare che non troverò mai, nel senso canonico del termine.

Perché semplicemente non devo trovare qualcosa di concreto. È possibile che il mio tesoro sia proprio l’essere ricercatore.

La vita è viaggio.

E dai, via libera a tutte le banalità che vengono in mente dopo questa affermazione. Ma riflettiamoci un solo minuto: la vita è una cosa in movimento. Viaggia per forza di cose, anche se non vuole, anche se non volete. Sta a voi decidere come: non trovate?

La vita è viaggio, ma questo viaggio non è nulla senza la poesia.  

La poesia è il suo ingrediente segreto. È l’aggiunta di sale qb alle ricette. È quella sensazione che non sai spiegare ma che ti fa sentire tanto bene, in certi momenti della giornata. Che so, tipo come stai dopo una chiacchiera con il tuo caro amico, per esempio. Oppure è quell’aperitivo mentre guardi il tramonto. È discutere con qualcuno del più, del meno, e pure del senso della vita. È un raggio di luna che filtra tra i rami secchi. È il pranzo della domenica. È l’abbraccio della mamma, il bacio di papà. È stare seduti sulle scale a parlare per ore di cosa ti è accaduto quel dato giorno. Sono i figli quando vogliono passare del tempo con te. È il ballo improvvisato per cinque minuti sulle note di una canzone che va. È osservare un dipinto a lungo e in silenzio. È un attore che parla con te quando recita. È studiare le pieghe morbide che il marmo ha assunto sotto l’incredibile scalpello di alcuni scultori.

Io ho visto la poesia e so che, quando la trovi e la ignori perché ‘ci penserai dopo’, quel dopo potrà significare tardi.

Si può inseguire la chimera e anche raggiungerla, si possono scalare montagne e abbattere i nemici, triturare tutti al proprio passaggio, lavorare senza pausa per il successo, e non avere la più pallida idea di cosa sia il successo per davvero. 

Il successo è un pacchetto di sale.

Lavorazione immensa per un consumo rapido, ma non la vedi mai in quest’ottica. Valore intrinseco maggiorato, se impari a conoscerlo e a dosarlo qb.

Senza il sale qb, la vita è un viaggio a cui manca e mancherà sempre qualcosa.