new work by night

Cosa è successo in quasi un anno che non vi ho detto

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imbarazzante.

L’ultimo articolo è di giugno 2022, quasi un anno fa.

non basterebbe una pagina a raccontare tutte le cose che sono successe da allora.

a volte mi chiedo che lo pago a fare il dominio del mio blog se lo aggiorno due volte l’anno. mah.

cosa è successo nel frattempo non lo dico nemmeno. ma per fortuna che il tempo è qualcosa di relativo.

una nota degna di attenzione è il fatto che sto letteralmente girando il mondo da quando il 2023 è cominciato.

interessantissimo.

la parte migliore è l’introspezione che questo mega viaggio mi porta a fare.

incontro decine di persone ogni giorno, stringo mani di cui non ricordo il nome, mi sento una cantante in tour.

la parte neutra è la stanchezza fisica, l’accumulo di peso.

la parte peggiore è la difficoltà a costruirmi una vita privata.

e qui mi viene in mente solo una persona, l’unica con cui ho costruito davvero qualcosa, e con cui ci siamo lasciati andare.

ho detto che la parte migliore è l’introspezione.

in realtà, non è tutto.

sto esplorando il mondo.

sto vedendo alcuni dei posti che volevo vedere, e altri che non erano nemmeno in lista.

sto mettendo alla prova me stessa.

sto mettendo puntine sulla mappa, se ne avessi una. (quasi quasi me la compro).

ho abbracciato mia sorella, quella non tecnicamente biologica ma di connessione d’anima, che non posso vedere così spesso come voglio.

sto riempiendo il mio rullino.

sto valutando tutte le scelte che non ho fatto e che avrei potuto fare.

sto vivendo una vita di scoperte, di conoscenze, di sorprese, mappe della città, fotografie, memorie, racconti, amici diversi.

ho conosciuto un angelo custode di nome Pete.

ho fatto i conti con quella che sarebbe potuta essere la mia vita ma l’universo mi ha protetta.

ho corso a central park, e visitato la biblioteca nazionale di New York in un tour privato che non dimenticherò facilmente, a meno che non mi diano una botta in testa, e anche in quel caso non sono sicura che lo dimenticherei.

biblioteca nazionale new york

sto collezionando autoscatti di me runner nelle città più impensabili e inadatte.

ho scavato nel cuore un posto per nuove persone, e sto analizzando i buchi che ho conservato per gli altri.

ho visto come potrei ricominciare daccapo.

come mi mancherebbe il mio cibo, le mie abitudini, mia figlia, il mio dischetto di ovatta che mi pulisce la pelle la sera ed è sempre bianco no-matter-what.

e se state pensando come si fa a paragonare una figlia con un dischetto di ovatta, vi sta sfuggendo il senso di questo post.

tra poco sono in ripartenza.

andrò al caldo questa volta.

e pensare che questa è la vita che sognavo. sempre in viaggio. sempre alla scoperta del mondo.

cosa manca?

 

 

sdr

Questione di tossine

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Mettersi la sveglia alle 6 per andare a correre alle 6 e mezza di mattina, per molti è una cosa folle.

Pure dal mio punto di vista. Eppure oggi lo ho fatto. Non ho nemmeno dormito granché, l’altra notte. Mi sono svegliata come al solito alle 4, ho cominciato a pensare a cose, dopo le 5 mi sono riaddormentata.

Ci sono volte che alle 5 faccio colazione per disperazione – una roba regolare, con caffè e tutto – e poi mi riaddormento per un altro paio di orette.

Ma non stamattina.

Quando la sveglia è suonata alle 6, avrei pisolato volentieri un altro po’, ma poi ho fatto due calcoli al volo: c’è bel tempo e, dopo che, nel pomeriggio, avrò finito di lavorare, vorrò andare a correre o vorrò prendere il sole? Più probabile prendere il sole, in una nazione – Formaggiolandia – che il sole lo vede principalmente nei dipinti di Van Gogh, e che trascorre i mesi estivi sotto l’acqua.

E corsa alle 6 e mezza sia.

Dunque, c’eravamo: il mio corpo, un uccellino, un piccione, un corvo, un gatto rosso, un gatto nero, e il mio cervello.

L’uccellino non faceva niente.

Il piccione girava in tondo senza motivo e il gatto rosso girava nella direzione opposta, ma chiaramente con passo da caccia – istinti di geolocalizzazione obnubilati.

Il corvo strillava al gatto nero.

Il gatto nero fissava l’alto di un albero dal fondo, studiando le creature nascoste tra i rami.

Il mio cervello registrava il vuoto intorno, il silenzio, il piacere del fare le cose quando è l’alba, il fatto che a Formaggiolandia d’estate alle 6 c’è la luce delle 10, le persone a dormire, i miei passi veloci sull’asfalto, il mio fiato ansimante, due cani che facevano chiasso in un attico con la finestra aperta.

Notava che tutti quegli animali – i gatti, i volatili – non farebbero mai quelle cose con gli umani intorno; l’assenza delle nostre figure li porta ad essere liberi e ad agire seguendo l’istinto.

Sempre il mio cervello registrava che il mio corpo era stato in grado di alzarsi alle 6 solo per andare a correre.

Cioè volere è potere.

Io lo so che questa frase fa scattare una serie di meccanismi di difesa infiniti, ma mettiamola così: nella sua base, il concetto corrisponde al verosimile.

Da quando sono stata male l’anno scorso, ho deciso che rivolevo i miei polmoni indietro, e mi sono impegnata ogni giorno per riaverli. Li ho educati a respirare di nuovo, poco alla volta, man mano ho aumentato la frequenza del passo, e poi della corsa.

Lentamente, ho cominciato a levare le protezioni dal mio corpo – i tremila strati di vestiti, il cappello, le fasce antisudore, le protezioni alle ginocchia.

Le ginocchia hanno smesso di farmi male.

Nei mesi sono caduta, e ho corso lo stesso, tra slogature e sangue. Mi sono messa in testa che il mio benessere veniva prima.

Tutto questo mi ha portato lentamente a cambiare dieta, perdere peso, lasciare andare vecchie abitudini, far pensare a mia madre che il mio nuovo look fosse la conseguenza di un torrido segreto. Ma l’unica verità è che questa perdita di zavorra è stata totale: si è applicata al corpo come alle persone, e si è riflettuta all’esterno.

Potrei dire che sia stata quasi una questione di eliminazione di tossine. E per non dimenticarlo, me lo sono scritto sulla finestra.

Alla questione della zavorra verso le persone, ci sto ancora lavorando. Lasciare andare. Rispettare i miei sentimenti e le mie emozioni, se qualcun altro non lo fa. Validare tutto come parte di una vita, non accettare gaslighting, scaricare le energie di chi non vuole fare un passo per migliorare. Smettere di giustificare ogni singolo “volere è potere non si applica nel mio caso”.

Certo, ci sono circostanze che vanno al di fuori del nostro controllo – prendete le frontiere chiuse per esempio, sono forse parente di Biden, che posso risolvere questa cosa? Ma come prendiamo tutto il resto, quello sta a noi. Le diete, le sveglie, le corse. I sogni, gli obiettivi.

La mia perseveranza nella corsa ha puntato il dito contro me stessa, stamattina, quando mi sono detta: “posso alzarmi alle 6 tutti i giorni perché voglio impegnarmi a migliorare le funzionalità del mio corpo, posso fare la stessa cosa se davvero voglio impegnarmi in un qualsiasi altro progetto. E i risultati arriveranno, qualunque essi siano, se continuo a investirci il mio tempo”.

Ecco, semplice così.