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La foto che vedete qui sopra è quella principale del mio profilo Bumble.
Yes, ho detto Bumble. Una delle dating app più famose al mondo.
Forse ricordete che un anno fa avevo scritto un breve articolo su Tinder e su come la cosa fosse lontana anni luce da me. Cosa è successo nel frattempo?
Ho capito che era ora di rimettere insieme i cocci di quel che restava e provare a voltare pagina.
Mi sono obbligata ad andare avanti.
I cocci in questione erano disintegrati e perennemente davanti ai miei occhi, quindi la scelta è stata riempire gli occhi di altro: a un certo punto, è diventata una questione di sopravvivenza.
Ho approcciato Bumble a gennaio 2022, dopo aver valutato altre non-so-quante applicazioni, e aiutata dalla mia dating coach alias mia figlia.
Ci ho impiegato cinque ore a settare il profilo (cinque ore al termine delle quali sono scoppiata in lacrime perché ero troppo lenta a fare swipe secondo i parametri generazionali e io in fondo manco ci volevo stare);
trenta minuti ad avere cinque match;
una buona settimana a capire il meccanismo generale.
Più ci passavo il tempo, più capivo che la realtà è davvero ovunque.
Le dating app sono un bar come un altro.
Sono sempre stata in accordo con chi non fa distinzione tra vita online e vita offline. Nell’era in cui viviamo non si può pensare che i social non siano reali e la vita non accada su internet. La vita accade eccome su internet, accade nei vostri telefonini ogni giorno.
Ci sono risvolti molto seri per questo discorso, prendiamo il cyber bullismo per esempio, ma – hey – questo è un articolo su me e le dating app, quindi niente cose pesanti oggi, solo minchiate. Restiamo sul pezzo.
Le dating app sono una roba reale, certamente non più da disadattati, specialmente durante una pandemia, quando non è che di occasioni per uscire ne hai molte.
Va da sé che sulle dating app non ci sono solo esseri che normalmente eviteresti, ma anche persone del tutto normali che cercano qualcosa di regolare. I tempi sono cambiati.
La vera domanda è: vuoi andare al bar delle relazioni o al bar delle sveltine?
In mesi di swipe, presa di visione di facce, lettura più o meno sommaria di biografie, chiacchiere introduttive, posso dirvi che almeno la metà dei profili è su Bumble perché la pandemia ha azzerato ogni forma di interazione sociale, e anche qualche matrimonio/convivenza.
Sì, alcuni soggetti sono proprio lacunosi di interazione sociale; altri sono aggressivi; altri ancora vogliono solo una cosa, la cara vecchia unica cosa.
Insomma, il minestrone è sempre lo stesso che incontreresti in un qualunque altro posto, nonostante la particolarità che distingue questa app da tutte le altre.
Bumble è come Dio: tre in uno.
Dating, amici e carriera. Tre opzioni, tre profili diversi da poter organizzare, dalle foto alla biografia, a parte alcune preferenze standard che non si possono modificare.
Non ho ancora provato l’opzione carriera, ma ho intenzione di farlo in un prossimo futuro.
Ho provato invece quella bff: vede soprattutto donne, viaggiatrici solitarie, divorziate, trasferite in cerca di sorellanza per formare un gruppo. Interessante scelta. Ci ho raggranellato un paio di contatti, ma le donne della mia età sembrano stentare a mantenere viva una relazione, ho avuto più fortuna sui gruppi Facebook. La ho aperta anche in Italia: un fiasco assoluto. Giusto un paio di persone come match potenziale, e solo straniere.
L’opzione relazioni ancora una volta è quella che mi sta regalando più materiale umano e un’esperienza sociale indelebile.
Per esempio, molto interessante è l’analisi socio-culturale attraverso Bumble. I profili degli italiani sono diversi da quelli di olandesi, francesi o americani. Questi ultimi li riconosci subito dalla frase di apertura; i francesi si accompagnano a un senso melancolico-poetico; gli olandesi sono felici di sbandierare ‘ambizione’ e ‘casa di proprietà, bel lavoro’ tra le qualità imprescindibili.
Ed è qui che alla fine mi perdo.
Vivere da sola.
La dura scelta alla mia età è decidere se accettare il primo che passa per non essere da soli, o restare soli per rispetto della propria persona, nell’attesa.
Io ho scelto la seconda strada.
A dispetto dei cocci rotti, di Bumble, e della paura di un futuro da vecchia zitella circondata nemmeno da gatti, sono anche consapevole che la persona sbagliata accanto è come essere soli. Ti puoi ingannare per qualche mese o anno, ma alla fine ci resti fregato. Il match non lo fanno le chiappe sode, i chili di trucco, i filtri Tik Tok, i gusti musicali, il lavoro, la macchina, l’ambizione. Il match – o almeno il mio, di match – lo fa il grado di maturità di entrambi, la visione della vita, la capacità di chiacchierare per ore, la voglia di essere migliori per l’altro e per se stessi.
Senza contare che sulle dating apps ogni volta ti devi ripresentare daccapo, ogni volta ripeti le stesse cose, ogni volta dall’altra parte c’è qualcuno che approccia in maniera diversa. E su Bumble, gli uomini non posso scrivere per primi: solo le donne sono autorizzate ad iniziare una conversazione. Pensate che questo sia una garanzia? Errore. Al tuo segnale, si scatena l’inferno.
Nell’articolo scritto a proposito di Tinder, citavo il fatto che interagire con qualcuno sia uno scambio di energia e quanto questo a volte possa essere drenante.
Così, ho finito per disattivare Bumble dopo qualche mese.
Ho bisogno di un break. E poi non sono guarita del tutto da quei cocci, ogni tanto ancora mi taglio.
Ma comunque, sola è sempre meglio che a random per appagare un desiderio temporaneo.
So che siete curiosi di sapere chi ho incontrato e che conversazioni ho avuto: non vi lascio digiuni, qualcuno era una vera perla.
Vi racconterò di lui.
Di Gerico, trapiantato ad Amsterdam. Coetaneo, padre single. Bel sorriso sguardo dolce che nasconde un pizzico di ribellione tra tatuaggi e moto. Team leader di non so che; un secondo lavoro come autore radiofonico; appassionato di musica. Mi chiede com’è andato il mio ultimo appuntamento – odoro una possibile red flag: questo mi dice che lui è un habitué. Gli chiedo della madre di suo figlio, mi dice con un senso di disprezzo che è una viziata e poi taglia corto – altra potenziale red flag. Annoto. Gli chiedo cosa lo ha colpito del mio profilo, mi dice ‘il tuo sguardo, mi suggerisce che mi proteggi e mi posso rifugiare’ – ancora un’altra red flag, o la madre del figlio era proprio una persona terribile. Gli do il beneficio del dubbio, la mia dating coach dice che sono troppo selettiva. Mi chiede di vederci, gli rispondo ‘mi piacerebbe, ma purtroppo i prossimi weekend non posso perché lavoro, che ne dici di incontrarci per un’oretta al bar in settimana?’. Mi augura buona vita e mi blocca.
Che tipi che ci sono in giro.