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La colazione dell’estate

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E insomma c’è questo piccolo bar,

in un punto nascosto della strada, che non lo diresti mai, ma fa dei cappuccini fantastici.
Puoi sederti a uno dei tavolini esterni, in mezzo al giardino, oppure su uno di quegli sgabelli da bancone, fatti apposta per i tavoli alti.
Insieme ai cappuccini fantastici, ti porta dei croissant freschissimi.
Con un morso, sei nel mondo dello zucchero e nel paradiso del morbido.
Non sono una fan dei dolci, ma il croissant al bar ha sempre un retrogusto di vacanza, anche se sei a cinque centimetri da casa per mezz’ora.
Allora, c’è questo bar, e non è mai vuoto ma allo stesso tempo è come se non fosse pieno.
Ti lascia lo spazio per le tue chiacchiere e anche per ascoltare qualche storia dal tavolo dei vicini.
Può capitare che, intorno a te, qualche bambino giochi a rincorrersi nel vicino campo da calcio; che qualche ragazzo lasci penzolare le gambe dal dondolo poco lontano; che qualche anziano legga le notizie della mattina sul quotidiano messo a disposizione e buttato su un tavolo.
Se non ti va il fantastico cappuccino ed è ora di pranzo, puoi optare per un bicchiere di vino bianco accompagnato da qualche oliva.
Io le olive non le mangiavo. Quando poi è successo tutto, ogni morso è diventato un ricordo.

C’è un tavolo, in particolare, che preferisco più degli altri, è subito alla finestra del bancone del bar. E’ come essere con la macchina al drive-in: suoni il pulsante e il vetro si apre sul magico mondo delle ordinazioni e della cucina.
Mi piaceva sedermi lì. Mi sentivo alta.
E dunque, c’è questo piccolo bar, vicino alla chiesa, dove si andava d’estate, perché d’inverno che ci andavi a fare – anche se ogni tanto capitava, ma d’estate niente è mai lo stesso.

Ogni tanto, un piccolo alito di vento osava spingersi fin lì; ma la maggior parte delle volte aveva paura, era il bar che ti riparava, dalle piogge e dal freddo.
Nemmeno il sole aveva il coraggio di scottarti, quando raggiungeva quei tavolini: tutto quello che riusciva a fare era guardarti e accarezzarti dolcemente.
E comunque, d’estate, il cappuccino sapeva di diverso.
Il croissant non sapeva solo di vacanza, il vino bianco le olive e le patatine non sapevano di aperitivo, il giornale non sapeva di vecchio.
Tutto sapeva di sole, di pace, di buono.
Di voglia di ombrellone, pure se non stavi in spiaggia e la sabbia era lontana.
Tutto sapeva di calore; ma solo poi ho capito che il calore era dentro.
Perché la colazione non sa d’estate se la fai tra giugno e agosto. La colazione sa d’estate se la fai con il cuore in perpetua stagione calda, altrimenti stai solo bevendo un cappuccino.
E insomma, c’era quel piccolo bar,e c’è ancora.
Ha visto cambiare i proprietari, qualche bambino che si è fatto grande, qualche cliente. Qualcun altro è sempre lo stesso e va ancora lì.
Io, con il pensiero, ancora prendo latte macchiato e croissant.

Bear__s_Bar_by_Shirekeeper

Il bar del Nord

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Amo il rumore dei bar. Il tintinnio continuo e scintillante dei piattini e delle tazzine, quel suono di vapore per riscaldare il latte e montare la schiuma. Amo il frastuono del vociare delle persone: chi seduto ad un tavolino, chi di corsa sempre in piedi, chi impegnato a corteggiare la scollatura della cassiera. Chi impegnata a farsi corteggiare da un barista con l’aria vagamente somigliante ad un attore americano. Amo l’aria un po’ retrò che certi Café sanno dare. I profumi di broches calde miste a miele e frutti di bosco. Quegli odori che ti pervadono la stanza, se abiti sopra ad un forno.

Amo l’aria malinconica e attonita che respirano certe ragazze quando guardano fisse fuori dal vetro, sedute a girare a vuoto un cucchiaino sfogliano annoiatamente le pagine di un libro, con l’occhio di chi ha il peso della vita tutto sulle sue spalle. Affossate come una zolletta di zucchero tuffata in una bevanda.

Amo l’uomo distinto che parla da solo con se stesso e si prende il suo tempo dal tablet, limitandosi ad annotare qualche parola su un taccuino. Usa una penna. Forse una stilo.

Amo la sottile colonna sonora da cantante di pianobar con repertorio distinto, che lascia spazio ai pensieri e stende un tappeto rosso anche a queste parole. Amo la fisarmonica francese che accompagna i gesti del petit dejeuner, i tubi di metallo a vista color americano oltreoceano, i mattoncini country in colore naturale o laccati di bianco, il bianco provenzale di luce tende e mazzolini di lavanda, il legno liberty intagliato nelle cornici degli specchi. Amo il silenzio del bar delle 6 di mattina, la sua stanchezza delle otto di sera, e la sua vita cambiapelle di mezzanotte. Amo l’atmosfera esotica da spiaggia, o quella sperduta nel punto più lontano della terra, nel punto più lontano di noi. La dimensione interiore di un tempo dilatato, regalato dall’amica di fronte, oppure omaggio per noi stessi. Come stare ad osservare l’immenso, dal nulla. Amo le porcellane, la ceramica, il polistirolo compresso tutto da mordicchiare. I panini farciti e la gara a capire cosa c’è dentro. I biscotti, le fette di torta. La macchina del cioccolato caldo. L’aperitivo. L’american coffee. Il gadget alla cassa e le miriadi di Baci. Amo i caffè. I Café.

Bear’s Bar. Photo by Shirekeeper