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40 cose di Roma che il resto del mondo non avrà mai

(E perché prima o poi mi candiderò a Sindaco)

  1. Le amicizie nate alle banchine dei mezzi pubblici grazie alle lunghe ore di attesa
  1. La sauna gratis sugli autobus quando è estate
  1. Il risparmio del riscaldamento sugli autobus quando è inverno
  1. L’app delle buche
  1. La possibilità di affinare le proprie doti di camperista alla palina del bus
  1.  La sensazione di essere cittadino del mondo grazie alla popolazione multietnica
  1.  La sensazione di vivere a Londra, nello specifico, grazie al ponte all’inglese
  1.  La sensazione di vivere all’estero in generale, quando cambi quartiere
  1.  Le barzellette
  1. Er Cavaliere Nero, er cavaliere bianco e quel genio che li ha inventati
  1. Un nuovo concetto di animali domestici grazie alle simpatiche pantegane
  1. Il tuffo di Capodanno nel Tevere e la costante domanda ‘ma com’è che nessuno muore mai di leptospirosi’
  1. Il gioco d’azzardo scommettendo sullo straripamento del Tevere a Ponte Milvio
  1. Il semaforo di Caracalla che non scatta mai
  1. I caricaturisti di Piazza Navona
  1. I centurioni fuori al Colosseo
  1. Il Piotta
  1. San Pietro e la diatriba su Via della Conciliazione spianata dai fascisti
  1. Trastevere
  1. Le botticelle che spennano i turisti
  1. Il piacere di rimorchiare il vicino di macchina quando è l’ora di punta sulla Tangenziale e sul Grande Raccordo Anulare
  1. La canzone di Guzzanti sul Grande Raccordo Anulare
  1. Le Dune
  1. La bocca che se ci metti la mano dentro e hai detto una bugia te la tagliano
  1. Il portale magico di Piazza Vittorio
  1. L’ebbrezza di rischiarsela e dichiarare ‘certo che sarò puntuale’ in un giorno qualsiasi
  1. Sentirsi Steve Jobs e asserire ‘stay hungry stay foolish’ andando a lavorare il giorno dello sciopero
  1. La mortazza
  1. La rosetta
  1. L’Osservatorio a Montemario per rimorchiare meglio
  1. Gli incredibili tramonti sul Lungotevere
  1. L’acqua frizzante gratis che ‘solo noi a Capanelle ce l’abbiamo’
  1. La birretta della sera passeggiando a Piazza di Spagna
  1. La pista ciclabile più inutile del mondo
  1. I tonnarelli cacio e pepe
  1. Via delle Carrozze
  1. Il giardinetto sotto casa mia
  1. Le poste fuori al Teatro delle Vittorie e al bar Vanni ad aspettare i vip per un autografo
  1. Le indicazioni per l’Auditorium
  1. La filosofia dello ‘sticazzi

Giugno 2018

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C’era una volta la festa del Re (ubriaco)

Olandesi gente sobria.

Da quando bazzico le terre del burro, ho visto gente vestita da coniglio andare in bicicletta, draghi che vanno a cena, equilibristi in mezzo alla strada, tute-pigiama alle cinque del pomeriggio e grida che gli ultrà allo stadio sembrano un convegno di sordomuti.

Oggi voglio raccontarvi della festa del Re: l’evento più arancione e chiassoso del mondo, simbolo della cultura dei Paesi Bassi e fertile terreno di rimorchio love-sex. Ma partiamo dal principio.

Il pippone ufficiale per spiegarvi l’argomento di questo articolo

carini loro! ecco i coniugi reali. curiosità: la signora con il cappellino a sinistra della foto è identica alla mia ex-padrona di casa

È il 25 aprile, è quasi ora di cena e sto scrivendo questo articolo. In Italia è festa nazionale, mentre in Olanda lo sarà tra 2 giorni, ovvero: il 27 aprile.

Il nobile motivo per cui c’è una festa nazionale è il compleanno del Re.

Per l’occasione, tutta la patria è autorizzata a fermarsi e a festeggiarlo.

L’evento è così speciale che il 27 aprile è l’unico giorno in cui ai cittadini viene concesso bere alcolici in strada.

Blablabla, ho finito il pippone: partiamo con i retroscena e la nuda verità.

C’era una volta la festa del Re

La festa del Re è una delle tante scuse che gli olandesi adottano per fare festa.

Ho già detto in più di una occasione che come fanno festa questi qui, non la fa nessuno. Ogni occasione è buona, e ogni occasione è buona per bere. Quando la prima volta ho sentito questa frase, credevo che fosse una malignità sparata lì per caso: ora ho capito che è vero.

Fase 1 della festa: procurarsi il bene primario

E insomma, quindi alla festa del Re c’è questa cosa che gli olandesi possono bere legalmente in strada. Questa legge esiste davvero e tecnicamente sarebbe ancora in vigore, anche se non se la fila nessuno. Fatto sta che gli olandesi prendono le leggi molto sul serio, così ci danno giù, in questo modo:

esempio di sobrietà

La foto è di oggi, 25 aprile. Questo angolino del supermercato dove vado spesso è quello adibito alle promozioni per le feste: ci trovi i dolcetti di natale, i pulcini di pasqua (non hanno le uova, vendono plotoni di pulcini di pelo in miniatura), le robe da barbeque, le birrette per la festa del Re. Giusto due. Non si sa mai che ti finisca la scorta, almeno hai varietà.

Fase 2 della festa: procurarsi l’abbigliamento adeguato

Il dress-code del palazzo reale vuole che ogni suddito indossi almeno una cosa arancione e che questa cosa sia a vista. Non sono valide le mutande, a meno che non vai in giro solo in mutande – cosa peraltro non così impossibile.

Siccome gli olandesi sono gente sobria, non ci facciamo mancare nemmeno il completino sado-maso per le notti reali, che come t’attizza l’arancione non t’attizza nient’altro.

(prego notare che lei indossa il calzino: che sexy)

Fase 3 della festa: procurarsi l’accessorio

Perché il calzino sopra non basta, bisogna anche aggiungere: cappelli, parrucche, perfino trucchi a forma di bandiera olandese pronta da stamparsi sulle guance. Sono estasiata.

 

Fase 4 della festa: ciaone proprio

Lasciatemi dire che camminare in città è assolutamente impossibile, tra la sera del 26 e il pomeriggio del 27, tempo in cui si estendono i festeggiamenti.

C’è gente ovunque, sulle barche, sui ponti, tra un po’ pure sui tetti, ci sono feste e mercatini in ogni piazza e pub, ci sono bande musicali e ballerini, dj, bagni chimici e punti di incontro “droghe sicure”.

L’aspetto stupefacente (scusate la scelta di parole) è che di tutto questo bordello la mattina dopo non vi è traccia: magici umpalumpa ripuliscono subito dopo che il suddito è andato a dormire, allo scopo di far trovare la città la mattina successiva pronta per essere immediatamente ripopolata dalle bici e dai mezzi pubblici che ti portano in ufficio a produrre.

Dov’ero io l’anno scorso e dove sarò quest’anno

L’anno scorso ero andata a fare la reporter CNN infilata nel mio bel cappotto arancione, e ho prodotto una cosa seria qui. Ci sono volute 3 ore di riprese, perché la gente passava e interrompeva continuamente tra corna, boccacce, saluti e rutti.

Quest’anno starò lavorando in un ristorante. Sì, da qualche mese mi sono data allo studio del mestiere del ristoratore, magari ve ne parlo più in là. Per ora, focalizzatevi su questo: con tutto quel che avete letto fin qui, provate a immaginare che genere di persone entreranno a mangiare. Oh sì, ne avrò da raccontare.

Sempre se ne esco. Fatemi gli auguri!

PS.

Il post si intitola “del Re ubriaco” perché si narra che il Re, quando non era Re, era un tipico baldo giovanotto olandese che ne ha combinate di cotte e di crude all’università. Non ho foto d’archivio in proposito da mostrarvi, ma posso supporre che anche lui qualche volta non sia stato sobrio.

Vi lascio comunque un gossip, il link a un video che ha fatto molti rumors: la presunta tastata di chiappe alla Regina durante una parata del 27 Aprile. Enjoy 😉

25 Aprile 2018

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Cinque nazioni a cena con me: l’internazionalità è a tavola

Ho messo questa bella foto di cibo italiano al solo scopo di invogliarvi a leggere l’articolo.

In realtà, oggi parliamo sì di cibo, ma di quello quotidiano, e non di quello che vorrei, con quelle belle fettine di prosciuttino, yum.

Allora, oggi sono andata a fare la spesa in un supermercato turco.

Volevo sapere cosa vendono, cosa c’è di caratteristico e, soprattutto, cosa c’è di turco.
In Olanda è normale trovare cibi misti in un supermercato qualunque, da AH (Albert Heijn), a Jumbo, a Dirk – che sarebbero i Conad, Coop ed Esselunga della situazione.
Capirete che un supermercato che si dichiara turco attiri la mia attenzione curiosa come sono, e pure tanto.
Primo impatto: è tutto costosissimo. Madò. Hai capito li turchi.
Più costoso di un supermercato olandese. E no, non sono le spese di importazione, alcuni di quei prodotti ci sono già alla Coop locale e costano meno.
All’ingresso ho trovato mega cassette di frutta e verdura come quelle dei mercati generali.
Dentro, ho trovato il gotha dei prodotti turchi.
Un enorme bancone, ordinato per il lato lungo della struttura, e animato da un inserviente (un tizio vivo), ospitava cibi pronti come in rosticceria. Ovviamente turchi, quindi non ho capito cosa fossero.
Non ho chiesto perché il mio olandese non è a un livello tale da poter chiedere “scusi, che cos’è questa cosa” e sentire la spiegazione in olandese con accento turco. Senza contare che io non posso mangiare pesce. Non so se in Turchia si mangi pesce, ma meglio non rischiare, quindi ho tirato avanti.
Alla fine del bancone, lo stesso tizio vivo gestiva anche il reparto macelleria, la slagerij. Certi tagli di carne che il mio amico Adriano direbbe “addio Roma, vado via, da zero a 100 km in 5 secondi e senza rancore”. Grandi, spessi, di taglio magro e basso-basso costo.
Ho tirato avanti, perché ero entrata per curiosare, ma ci devo tornare per quella carne, promesso.
Venti minuti, per girare tutti gli scaffali pieni di ogni ben di dio, o almeno credo, perché era scritto tutto in turco, quindi, in effetti, non saprei a quale ben di quale dio io stessi ammiccando esattamente.
C’era l’angolo pentolame, come Mondial Casa, o come Panorama oppure Auchan. Sia mai che ti si rompe un bicchiere. Mi pare una cosa intelligente, da mettere in un supermercato.
Poca scelta di rotoloni da cucina, discreta carta igienica, mega pacchi di riso di ogni tipo e tanto henné.
No pane, a parte quello confezionato tipico turco.
La parte di sinistra, tirata su tutta a suon di noccioline, altra frutta secca e mais tostato.
Merendine, cornetti, nutella.
Un cella frigorifera con prodotti così ambigui che non ero sicura di stare decifrando correttamente, e poi avevo freddo, la temperatura era simile a quella delle sale operatorie, il mio cervello stava smettendo di funzionare. Sono uscita prima che il ghiaccio mi attaccasse, ma non senza aver sfilato l’unica confezione che ho capito.
Mi sono detta ‘meno male che non vivo in Turchia, morirei di fame. No beh, forse starei studiando il turco, non morirei di fame. Comunque shampoo si scrive simile, i capelli me li potrei lavare. E se invece per lavarli sto prendendo una salsa idratante di noccioline?’
Ovetti kinder alla cassa, il marketing degli scaffali non muore mai.
Se ho visto cose strane? Penso tutte, erano turche e incomprensibili.
Non ho visto cibo Dutch. O se c’era, dormivo. O mi hanno narcotizzata per non farmelo ricordare.
Gli impiegati erano turchi. I clienti sembravano turchi e parlavano turco. Una cassiera scocciata dalle fattezze turche faceva il conto in olandese.

Alla fine sono uscita con una spesa esemplare e con 10€ ho comprato questo, che vado ad illustrarvi:

Savoiardi tipici turchi:
Wafer al cioccolato fondente tipici turchi:
Cellentani turchi e conchigliette turche, marca diversa per provare come tengono la cottura:
Cracker salati in superficie turchi:
Affettato di tacchino turco (o ‘affettato turco di turkey’, il mio gioco di parole preferito di questo articolo):
Una confezione di rotoloni per la cucina
(photo missing, ci servivano e abbiamo subito aperto il pacco.)
Risultato:

I savoiardi sanno di savoiardi italiani, tengono bene inzuppati nel latte, ci devo fare il tiramisu, sono prodotti in Austria.
I wafers sanno di wafers italiani, con crema al cacao, proprio buoni, sono prodotti in Austria pure questi.
I cellentani sanno di pasta italiana, tengono la cottura perfettamente, che bello finalmente ci sbarazziamo delle solite penne! Io poi, che detesto la monogamia pastara nel piatto. Sono prodotti in Turchia, by the way.
Pure le conchigliette ho visto che sono prodotte in Turchia, mi daranno le stesse soddisfazioni, lo sento.
I crackers non saprei dirvelo perché il pacco è finito in camera di mia figlia.
L’affettato di tacchino turco non è prodotto in Turchia, ma ha un marchio di garanzia del consorzio Islamici in Germania.
I rotoloni per la cucina hanno una profumazione a base di detersivo, molto allettante quando ti servono per pulirti la bocca. Io sapevo che per l’alito pesante bastava non mangiare topi morti e lavarsi i denti con regolarità.

In sostanza, non sai mai cosa mangi, avoglia a leggere le etichette.

No, non mi do al bio-macro-veg-etc.
Sì, sono una sperimentatrice in tutto quello che faccio, dal lavoro al cibo. Non ho comprato niente di più solo per ragioni di allergie. (Per il momento).
Ho pensato a Federica, corrispondente dalla Turchia per Donne Che Emigrano, promessa sposa di un fantastico ragazzo turco, e mi sono chiesta “ma che mangia quella ragazza?”. Federica, se mi leggi, cosa mangi?
Tutto il mondo è paese e dovunque vai trovi sempre la Nutella. Incredibile.
Andare al supermercato è divertente!
Non siamo gli unici a produrre pasta vera.
Stasera ho cenato con un italiano, un turco, un austriaco, un tedesco e un olandese, e me la sono goduta.

Ho messo questa foto solo perché lo sapete che sono una fissata della spiaggia; in realtà, ho cenato a Utrecht.

Ps.
La salsa idratante di noccioline non esiste.
Almeno spero.
Settembre 2017
io che misuro la mia altezza rispetto allo spioncino della porta

Vado a vivere in Olanda – Cosa vi serve per stare qui?

Uno specchio a figura intera.

Sarà che gli olandesi sono alti due metri e immagino riescano a vedere tutto il loro corpo dallo specchio del bagno, ma io ancora devo trovarne uno attaccato a una parete. Non mi vedo i piedi, non so come vado vestita. Fortuna che la moda non esiste, in questo paese.Portatevi uno specchio qualsiasi, in effetti, ora che ci penso.

Pure quelli dei bagni di casa e dei ristoranti sono in alto. Provate a sistemarvi trucco e capelli quando uscite con uno: un disastro. Se lui è basso, ve la potete cavare con un “tu puoi capirmi”. Sempre che lui sia anche autoironico. Se lui è alto, vi risponderà “è colpa tua, che sei tappa” (questa è autoreferenziale!).

Altrimenti, trovatevi un olandese. Sanno di essere fuori norma loro, non vi faranno storie.

Per le donne: un paio di tacchi da borsa.

E certo, è sempre per la questione dell’altezza, che credete? Solo se non volete sentirvi troppo fuori luogo (intendo fisicamente, se siete troppo basse nemmeno vi vedono e vi scambiano per un tavolino). Qui scarpe fiche e abbigliamento succinto non servono a niente. Il clima è troppo assurdo per preoccuparsi di dove vanno le mode. Ho visto cose che voi non potete nemmeno immaginare… Ho visto camicie hawaiane indossate su costume da bagno arancione e mocassini di pelle marroni… E mi fermo qui.

 

Oh, una scaletta pieghevole.

Se volete vedere allo spioncino chi suona alla vostra porta e non volete sorprese, tipo me che ho aperto ai testimoni di Geova (vedi foto sotto).
Si capisce che non sono alta, si!?

 

Un fegato nuovo.

Utilissimo, ma non per la birra, come molti di voi potrebbero pensare.
Vi serve per il burro.
Questa è una nazione burrosa.
(Comunque gli olandesi sono longevi e non grassi. Qualcosa non mi torna sulle campagne anticolesterolo che ci propinano fuori da qui.)

 

Un mestolo.

Oppure direttamente un libro di cucina, se non sapete combinare nulla ai fornelli. Gli olandesi hanno una interessante venerazione per il nostro cibo.
Peccato che infilino il pesto ovunque (ovunque).

 

Una o più dosi di non italianità.

“Italiano?” “Sì” “AhhhhItaliaaaaaa-pizza-siesta-aperitivo-toscana-cibo-natura-caldo-spaghetti-carbonara-sofialoren-belladonna-claudiacardinale-mamacooks”.
Beh, almeno ancora nessuno mi ha detto “ahhh-pizzamandolinomafia”.
Però m’hanno detto veramente “mama cooks”.

Sassi nelle tasche.

Perché il vento in alcune città è devastante.
Non oso immaginare come si troverebbe Jovanotti, qui, “le tafche piene di faffi”.

Un vocabolario di inglese.

Che so, anche qualcosa tipo bab.la va bene, per cominciare. Ma per voi, dico, se non conoscete l’english, perché qui lo parlano tutti, dal benzinaio alla centralinista.
Ovviamente se andate nelle città maggiori, hey hey, non certo se andate a Wattergufhvenburg o Vattelappescanberg, dove abitano due contadini e quattro formaggiari.

Una molletta per il naso, se vi disgustano le mucche.

Sono ovunque.
Punto.
Ricordate? La patria del burro, fatevene una ragione.

Sempre per le donne: un telefono con la memoria vuota.

Vi serve per riempirla di foto fatte di nascosto a certi olandesi, da mandare alle amiche.

Un paio di cuffiette.

Per godervi tutto questo con la musica in testa, mentre passeggiate per le strade, guardate i canali, contemplate il numero eccessivo di stranieri che nemmeno Venezia nei suoi giorni migliori.

Ah già, dimenticavo.

Per gli uomini: a voi serve solo un paio di occhiali da sole.

Siete di base più alti di noi quindi a posto con gli specchi, non ingrassate alla nostra velocità quindi sticazzi del burro, ci sono parrucchieri e barbieri ogni 500 metri quindi ok pure con i capelli, la birra è economica, junk food come se piovesse, ma le donne, mio dio. Le donne. Gnocche eh. Ma che look. Scarpe scamosciate su vestiti estivi a fiorazzi, con maglioncino che mia nonna si vestiva meglio e aveva più stile quantomeno nell’abbinamento dei colori. E voi che avete tanto da ridire sulle nostre ballerine.
Ecco a che vi servono gli occhiali da sole.
Oppure immaginatevele direttamente tutte nude, così superate lo step abbigliamento.

Comunque, il tipo in camicia hawaiana e costume su mocassino ci frega a tutti.

Piccoli credits: 

Si ringrazia Bab.la per la collaborazione. 

E si ringraziano anche i Testimoni di Geova anche se, al contrario di bab.la, non sanno di aver collaborato.

canali di utrecht in una giornata di sole

Vado a vivere in Olanda

(201608261651)

Lo so, sono pessima. Sono inconstante nello scrivere, non esattamente il comportamento che ci si aspetterebbe da una persona che gestisce un blog. E ora me ne esco con un ‘vado a vivere in olanda’.

Ma il fatto è che ci sono sul serio.

Non so come, non so quando, ma è accaduto. Ti ritrovi dalla sera alla mattina che hai preso decisioni che sai che cambieranno la tua vita per sempre, anche se non sai in quale direzione questo cambiamento avverrà.

Così, da giugno, sono approdata in terra straniera. L’Olanda, che poi in realtà si chiama Paesi Bassi perché Olanda è solo una delle tante regioni, terra fiabesca di profughi (e colonizzatori, sfruttatori, schiavisti, sì ok) che accoglie chiunque chieda asilo e voglia fuggire dalla propria vita. L’Olanda, con il re che si prende cura dei suoi sudditi, li ama, li veste, li pettina, li manda a produrre.

L’Olanda, con la sua lingua che sembra un inglese sporcato di fango, un porto ricco di british people, accenti tedeschi e parole francesi. Una mega fusion di stili e correnti di pensiero, tutte rispettose l’una dell’altra. Vuoi fare la drag queen? Accomodati. Vuoi essere un numero? Fai pure, ci limiteremo a schedarti all’anagrafe. Vuoi sperimentare? Entra in uno dei nostri negozi. Vuoi essere uguale alla massa? Entra in uno dei negozi del centro.

L’Olanda, la cucina del mondo fatta dispensa di un ristorante a cinque stelle. Cibo compreso, ovviamente, perfino al supermercato. Dal pronto thai alla schifosa “celebre pasta italiana con mascarpone sauce” (ma dove), non manca la confezione di caffè a meno di 2 euro. Roba che da noi a quella cifra lo trovi solo al discount. E, se proprio senti la mancanza della versione italiana, c’è il barattolo di Lavazza che costa meno che alla nostra Coop! Che qualcuno avvisi il tizio delle pubblicità che la notte si alza e va a lavorare per offrire un servizio migliore agli italiani.

L’Olanda, patria delle tolleranze. Vuole bene a tutti. A tutte le differenze. A tutte le correnti di pensiero. Non alza la voce, non spinge quando fa la fila, non polemizza sull’aria fritta. Non si lima le unghie negli uffici comunali e non vive del mito della mela americana. Per un italiano tutto questo è assai strano e anche un po’ utopistico, tant’è che di connazionali ne trovi parecchi, che vengono a verificare quanto ci sia di vero, ma li riconosci subito: si aggirano in gruppo, sono griffati, schiamazzano a decibel improponibili e stanno uscendo dai coffee shops.

E io italiana che non schiamazzo, cosa ci faccio qui?

Io sono qui per ricominciare. Ancora una volta. Atterrare con il lanciafiamme la mia vita e ricostruire continuamente è uno sport che pratico con metodo e regolarità. Senza voltarmi indietro. Se fai, fai. Non puoi permetterti di far esistere la mancanza di ciò che avevi, semmai esiste l’incertezza del domani. Ma quella ce l’hanno tutti. Quindi, perché non provare?

Ci sentiamo tra un po’; prometto che cercherò di essere più costante. E, soprattutto, prometto che cercherò di essere più obiettiva possibile nelle mie cronache. Non dico “più giornalistica possibile” perché sappiamo che la suddetta categoria è una delle meno imparziali del mondo…

Ah: al momento in cui sto scrivendo, mi trovo in giardino e ci sono 30 gradi. No, così: l’estate esiste anche qui. Ciao a tutti i disfattisti.

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Falsi miti e grandi verità

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Facebook è vita vera. Fatevene una ragione.

‘Quelli Che’ è l’incipit più razzista che si possa produrre. Ci ghettizziamo da soli e poi puntiamo il dito contro qualche altro gruppo.

Il delirio di onnipotenza che hai a 20 anni è frutto dell’ormone, il delirio di onnipotenza che hai a 30 anni è frutto della coglionaggine.

I fanatici della privacy si sono iscritti ai gruppi ‘Sei di’. Non devo aggiungere altro.

Non temete Facebook, temete Google: è la vera grande cesta degli scheletri nell’armadio.

Ci sono più fotografi che idraulici.

Ci sono più community managers che panni sporchi.

Ci sono più corsi di social media che corsi di italiano e galateo (ed è un peccato).

La povertà porta alla follia.

Le riunioni sono la tomba del lavoro.

Siamo tutti parte di un grande formicaio che produce per il capo. Tanto vale lavorare per un formicaio che ci piace.

Non è vero che una bella scopata risolve tutti i problemi di acidità di stomaco. Posso fare una bella scopata ma comunque con la persona sbagliata.

Per gli uomini: se continuate ad esaltare le fotomodelle e le loro cosce senza cellulite, noi cominceremo a svelare pubblicamente le vostre dimensioni. Meglio le cosce grandi che il pistillo piccolo.

Non è piccolo? Allora è storto.

Non è né piccolo né storto? Allora è gay.

Non è nemmeno gay? E’ di proprietà di uno stronzo. Ecco, ha la forma di uno stronzo. Che ne dite, vanno bene ora le nostre cosce?

PS. Non è vero che non importa la grandezza ma importa come lo usi. Avoja.

Per le donne: un atteggiamento troieggiante è inversamente proporzionale alla frase ‘sei come tutti gli altri, pensi solo a scopare’ e direttamente proporzionale alla crescita della fanpage ‘Io non sono cagna, è che mi disegnano così’.

Non esiste la fanpage appena citata. La ho inventata. Per ora.

Le persone si intromettono nel lavoro degli altri spiegando loro cosa e come fare perché non sanno fare bene il loro.

Se vuoi, puoi. A patto che tu sappia cosa sai fare e cosa stai facendo.

Solo lo spirito di umanità ci salverà.

Alla fine, i piatti sporchi nel lavandino resteranno alla donna 9 volte su 10.

La birra non ingrassa.

La banana ti rende stitico solo se tenti di mangiarla dal lato sbagliato del tuo corpo.

Se fai la fila ed arrivi allo sportello che non sei pronto, meriti che i fogli si inceneriscano nelle tue mani come fa ciclicamente la Fenice.

Le groupies esistevano già al tempo degli antichi romani: al termine delle battaglie, si infrattavano con i gladiatori nell’anello più basso del Colosseo.

Pippo Baudo è immortale.

L’Italia rincorre i mestieri tecnologici ma è patria delle muse. Gli italiani non usano il progresso per portare il paese allo sviluppo, e non usano lo sviluppo per la collettività. Noi sappiamo fare arte, musica, cucina, turismo, storia, ricerca scientifica e perfino il petrolio. Non dimentichiamolo, perché disponiamo di un patrimonio che ci viene invidiato da tutto il mondo.

photo credits: Basistka, Glasses

Robyn Rose, The Fun Pack

Un paese per vecchi

Non credo di fare torto a nessuno se condivido alcune tra le esperienze più comuni in cui ci si può imbattere quando si è in cerca di lavoro.

La creatività di certi capi non ha limite.

Che si abbiano 20 oppure 40 anni, le cose che possono succedere sono più o meno sempre le stesse.

Per la stesura di questo articolo, ringrazio il fantomatico dott. Mario Rossi, il cui nome generico è cortesemente prestato dalle barzellette alla casistica che segue. Non vuole esserci alcun riferimento ai Mario Rossi esistenti, né un’offesa alle barzellette. Io amo le barzellette.

Vorrei inoltre aggiungere che i Mario Rossi sono sia uomini che donne. Ma in alcuni casi, solo uomini. Capirete quali.

Se qualcuno, leggendo, si dovesse sentire tirato in ballo, me ne scuso anticipatamente. E lo invito a riflettere sul fatto che forse c’è qualcosa che non va, nel suo metodo di selezione.

Buona lettura.

I. Il minimalista.

“Si cerca per stage persona automunita, max 30 anni, esperienza pluriennale maturata in contesti internazionali multistrutturati, laurea, master, proattività, flessibilità, conoscenza fluente di tre lingue straniere, arte, nozioni di marketing, comunicazione e pronto soccorso, linguaggio html, bella presenza documentata da foto una in primo piano e una a figura intera, disponibilità a turni e trasferte. Le candidature prive di uno di questi requisiti non saranno prese in considerazione.”

Una sola domanda: per flessibilità, si intende a 90°?

II. L’espansivo.

“Cercasi assistente personale per giovane imprenditore. Bella presenza e massima disponibilità. Retribuzione molto al di sopra della media.”

Eh. Io non commento.

III. Il comprensivo.

“Per direzione di punto vendita, cerchiamo donna, max 40 anni. No figli, no famiglia.”

Gentile negozio, ma lo sai che potrei denunciarti per questo? Ci hai pure appeso un cartello in mezzo alla strada!

IV. Il provola.

Candidata: “Egregio Signor Mario Rossi, con riferimento alla vostra ricerca di personale, invio in allegato il mio curriculum vitae aggiornato. A disposizione per un colloquio, porgo distinti saluti.”

Mario Rossi: “Non vedo foto”

Caro Mario, se avessi aperto il file che ti ho inviato, avresti scoperto che la foto è là dentro. Adesso mi devi spiegare che cosa te ne fai di una assistente iperqualificata, che si occupi della gestione di tutti i tuoi beni, se nemmeno ti sei premurato di leggere quali competenze ha.

V. Il labirintista.

Candidato/a: “Egregio Signor Mario Rossi, con riferimento alla vostra ricerca di personale, invio in allegato il mio curriculum vitae aggiornato. A disposizione per un colloquio, porgo distinti saluti.”

Mario Rossi: “Gentile candidato/a, grazie per aver risposto al nostro annuncio. Per completare la sua registrazione, deve andare sul nostro sito, cercare il reparto offerte, lavora con noi, inserire i suoi dati, ricaricare la pagina, svoltare a destra, fare una piroetta tre volte su un ginocchio, toccarsi il naso con la lingua, lasciare taglia peso e altezza e forse la inseriremo nel nostro database. Se avrà fortuna, sarà contattato/a per un colloquio.”

Ma allora, che hai scritto a fare la mail alla quale inviare il curriculum? Che tanto abbiamo capito che non lo leggi.

VI. Il frettoloso.

Candidato/a: “Egregio Signor Mario Rossi, con riferimento alla vostra ricerca di personale, invio in allegato il mio curriculum vitae aggiornato. A disposizione per un colloquio, porgo distinti saluti.”

Agenzia interinale: “Gentile candidato/a, la ringraziamo per aver contattato Mario Rossi. Tuttavia, il colloquio si farà con me, che ho circa 10 anni meno di lei, 6 mesi di esperienza ma tutte le competenze necessarie per carpire ogni genere di informazione psicologica che lei mi fornirà attraverso le sue movenze. Se lei mi starà simpatico/a, la manderò nell’ufficio di Mario Rossi, a parlare con l’assistente del segretario. Se starà simpatico/a anche all’assistente, potrebbe incontrare Mario Rossi. Ah, dimenticavo: la ricerca ha carattere d’urgenza.”

Ok, la signorina all’agenzia interinale non si definirebbe mai così. Ma ammettiamolo, a quanti di noi sono cadute le braccia quando hanno scoperto che la loro valutazione era nelle mani di loro nipote?

VII. L’incantatore di serpenti.

Mario Rossi: “Dunque, come già le ho spiegato a telefono, stiamo cercando una figura, preferibilmente femminile, che abbia almeno dieci anni di esperienza perché devi essersi già fatta le ossa, che possa gestire lo start-up aziendale, coordinando le attività dell’ufficio e facendo da supervisione nei progetti grafici, nella realizzazione del sito, nella selezione del personale, nel back office con i futuri clienti, perché è ovvio che non si può mica fare il capo se uno prima non ha fatto quel lavoro. Naturalmente, poiché lei è totalmente digiuna della materia che trattiamo, le offriamo due mesi di formazione, non si preoccupi sono a nostre spese, e glieli paghiamo anche come stage, tanto poi stia tranquilla che la assumiamo sicuramente. Capirà che per tutto questo lavoro abbiamo bisogno di una segretaria generica.”

Ah, pensavo di un manager.

Ah no, vero. Il manager non lo potete pagare come una segretaria generica.

VIII. L’onesto.

Mario Rossi: “Gentile Signora, lei ha davvero un curriculum interessante. Per questo, non posso proporre la sua candidatura.”

Candidata: “Scusi, come ha detto?”

Mario Rossi: “Certo. Si immagina se io dovessi presentare il suo profilo ad un’azienda qualunque? Lei è una donna, troppo vecchia per essere assunta con contratti di formazione, troppo giovane per essere credibile come manager. La gente crede solo a chi ha almeno 40 anni. Lei, alla sua età, andrebbe a fare solo l’assistente di qualcuno, e quel qualcuno sicuramente ha meno competenze di lei, e nessuno accetterebbe di avere una assistente migliore di lui. Mi dispiace, ma lei così non è su piazza. Provi a sminuire un po’ il suo curriculum, la prossima volta.”

IX. Il mentore.

Candidato: “Egregio Signor Mario Rossi, con riferimento alla vostra ricerca di personale, invio in allegato il mio curriculum vitae. So di non avere molta esperienza nel settore ma ho voglia di fare, imparo in fretta e sono disponibile per uno stage, anche non retribuito, nonché ad un trasferimento. Resto a disposizione per un colloquio e porgo cordiali saluti.”

Mario Rossi: non pervenuto.

Un giovane che ha voglia di lavorare e che è pure disposto a trasferirsi, per favore no. Dovrebbe imparare. Cioè Mario Rossi dovrebbe insegnare. Non si può fare. Arrangiatevi da soli, se volete conoscere.

X. L’astenuto dal sesso.

Mario Rossi: “Complimenti, la sua è davvero una bella carriera. Credo proprio che procederemo all’assunzione, benvenuta in azienda! Le faccio un’ultima domanda: lei ha figli?”

Candidata: “Sì.”

Mario Rossi: “Ah, ok, allora non è più assunta.”

Candidata: “Scusi, ma perché? Mica sono lobotomizzata.”

Mario Rossi: “Signorina, abbiamo fatto una scelta diversa: lei ha un figlio, io ho un gatto.”

Su gentile concessione delle esperienze di vita di ognuno di noi.

Protetto da copyright, per il solo fatto che lo ho scritto io.

Almeno questo, in un curriculum vitae non è barattabile.

Settembre 2011