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Cosa ho imparato sull’amore fino ad oggi

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Gesù, lo so già che mi sto imbarcando in un argomento difficile, ed è solo lunedì mattina.

Dovrei dormire e invece me ne sto qui a scrivere.

Di tutte le cose di cui parlo l’amore resta sempre la mia preferita, e quella per cui ogni volta ci lascio il cuore.

La questione è che la vita e la testa sono in continuo mutamento.

Pretendere di avere una teoria che sia sempre la stessa a riguardo è un po’ folle, se il tuo corpo si sta muovendo davvero nello spazio e nel tempo.

A proposito di tempo, l’amore non è una questione di età.

Piuttosto l’età è una convenzione legata al sistema. Un sistema antico e duro a morire, che vedeva l’uomo cacciatore e protettore, e la donna a casa a cucinare il leprotto conquistato.

Se lui è più grande di lei di, che so, 1-5 anni, tutto a posto. Tutto nella norma. Se lui è più grande di lei di 15 anni, lui è un maiale ma comunque un figo, lei una poveretta in cerca di soldi.

Non parliamo del contrario. Lei più grande di lui, che sia di 5 o di 15, è una mantide assatanata con complessi giganteschi nei confronti della vecchiaia e che avrebbe bisogno dell’analista. Di certo non è vista figa, ma chi lo è resta sempre lui – che sta con una più grande e ha capito tutto dalla vita.

Se tutto questo non è un sistema unga-bunga primordiale che ricorda i nostri antenati, ditemi voi che cos’è.

Inesistente, nel mormorio logorante delle persone, la considerazione delle vite personali, delle storie che ci sono dietro ogni scelta.

Tra l’altro, la vivacità e la stimolazione derivanti da persone differenti da noi per età sono incomparabili.

Considerazione personale. Con i coetanei, la frase più ricorrente nel tempo libero è “ti ricordi quella pubblicità?”, e la musica più ricorrente è quella anni ’80 (nel mio caso. Che se poi c’è una roba che detesto, è proprio la musica anni ’80). A qualcuno sta bene così, ma di certo siamo tutti d’accordo che questo non è un parametro fondamentale per amarsi.

Sempre parlando per me, con i più grandi si passa il periodo a deprimersi dietro le crisi esistenziali. Cinquantenni che conosco, non me ne vogliate, anzi, se vi può consolare, credete di essere gli unici ma non lo siete: è un pensiero comune quello della tristezza, e scarseggiano purtroppo le forze (mentali) per fare qualunque cosa.

Cade l’interesse, in gocce di vita sciolte sull’asfalto.

Fun fact. L’altra notte ero in pausa, esco dalla stanza e vengo abbordata da uno che non vi sto a dire chi è, comunque era un tipo tranquillo. Dopo avermi chiesto quanti anni avessi e aver io accennato all’esistenza di una figlia, nel giro di cinque minuti questa persona si è giocata le sue carte così: “non ho figli e questo è il segreto”, “sono buono ma mi hanno sempre fregato tutti nella vita”, “sto vivendo una crisi esistenziale di mezza età e vado dietro alle ragazzine”, “mi sono licenziato e ora non faccio assolutamente niente”. Affermazioni 1 e 4 dette con molta fierezza. Affermazione 1 veramente geniale, se vuoi rimorchiare una madre.

Tra le varianti d’età che mi ha offerto la vita, sono stata sposata con una persona più grande di me di sei anni. Ho avuto una relazione con una persona più piccola di me di otto anni. Indovinate quale delle due storie è stata più difficile.

Capisco davvero solo oggi, gennaio 2019, quanto è vero che l’età sia solo un numero.

Ho nominato i figli. L’amore non è nemmeno una questione di bambini.

Nel senso che non è certo facendone uno che tieni unita la coppia, anzi rischi proprio l’effetto contrario e pure immediato. E anche nel senso che non è non facendone che sei felice.

Un figlio è limitante, deprivante, totalizzante, e come se non bastasse a un certo punto diventa pure ingrato e irriconoscente, ma è l’esperienza di vita più eccezionale che si possa fare. È così forte che te la dimentichi com’era fatta, la tua di vita, prima di averne uno. E non è poi così un male; è solo un’altra cosa.

‘Ste creature mettono in piedi un filo trasparente che, tra l’altro, agli occhi di chi non è genitore risulta e risulterà sempre del tutto incomprensibile. E anche questo rientra nella normalità, l’importante è sapersi accettare.

Nel concetto di sapersi accettare: l’amore non è una questione di razze.

Sembra banale, non lo è.

Vivo in Olanda e quel che i miei occhi vedono non ha distinzione: non ci sono bianchi, neri o asiatici, ci sono persone.

L’ho sempre detto e continuerò a dirlo, l’Olanda mi vede confusa e in perenne conflitto geografico, ma amo questo paese per la tolleranza e l’accettazione delle diversità presenti più che da altre parti (no, questo non è il posto perfetto, ma la perfezione lo sappiamo che non esiste).

Maschi, donne, gay, bianchi con neri, quasi tutte le nazioni del mondo presenti, miscellanee etniche, culturali e gastronomiche: questa è cittadinanza globale, e apre il cuore.

C’è solo che da crescere e da imparare.

Ah. E poi l’amore non è avere gli stessi gusti.

Trappola pericolosa.

Cucinare sapendo che tutto ciò che preparo sarà apprezzato non mi mette al riparo dagli urti della coppia. Una tortilla non mi proteggerà da uno schiaffo, un sushi non laverà le incomprensioni, un taco non salverà il mondo.

Lo stesso valga per altre piccole somiglianze che ti portano a dire “ma dai, pure io, ma allora è destino!”. Non è destino; più probabilmente, qualcuno cresciuto nello stesso periodo o ambiente culturale.

Conosco una coppia affiatatissima, lui fisico astronomico lei pittrice.

Un minuto di silenzio dopo questa affermazione.

Despairing Red (Love), by Kemal Kamil Akca

Non ci sono barriere se non quelle che ti vuoi creare tu.

E dio solo sa che passiamo il tempo a crearcene, perché non siamo quello che gli altri si aspettano o quello che la nostra famiglia si aspetta.

Se solo riuscissimo a lasciarci andare.

Io forse sono sempre priva del vero significato dell’amore, o forse il vero significato non esiste: forse ognuno ha il suo.

O forse l’amore cambia perché è e sempre sarà un sentimento in mutamento. Ma è proprio questo mutamento che dovremmo assecondare, se vogliamo provare.

Smettere di giudicare, aprire le mani e intrecciarle.

Chiudere gli occhi. Perdonare, ma soprattutto cominciare a perdonare noi stessi, perché è l’unico modo per accorgersi del bello, se arriva.

Restare empatici. Restare empatici.

Avere voglia di scoprire altre realtà, di giocare. Essere se stessi nei gesti quotidiani.

Io, per esempio, so che sto trovando l’amore con qualcuno quando rido.

Questo ha molta più importanza di un piatto di sushi condiviso.

Questo, l’attenzione verso l’altro, e la visione comune verso un punto che si perde all’orizzonte.

E cosa importa di tutto il resto.