hands_by_aschkelon

Quasi morte.

(201511270941)

La quasi morte ti fa vivere in un limbo. C’è che il tempo si sospende e non senti nulla. Non sai dove sei, pur essendo sempre negli stessi posti. Sei in attesa, di un cambiamento, di qualcuno che ti svegli da ciò che sai essere un incubo, ma che percepisci come distante. Perché fa così male che non può essere vero. Ti chiedi, a un certo punto, se faccia davvero così male, o se sia solo una percezione, alimentata dai discorsi degli altri, dai racconti che ti fai tu.

Quasi nessuna sensazione ti popola. Il corpo mangia poco, non hai fame e non ne senti il bisogno. Ti gira la testa ma non per debolezza, i piedi camminano ma non toccano terra: si muovono sull’ovatta. Qualcosa di etereo e impalpabile avvolge ogni tuo passo da quando ti alzi a quando parli, ti muovi, agiti le braccia, guardi il paesaggio. Fissi il vuoto. A volte una lacrima scende e ti riga e non ti importa se sei di fronte ad altri. Perché anche quella lacrima è il nulla, nella sensazione dell’assurdo che stai vivendo.

Ti dici che sei riuscito a vivere, finora, e che potrai farlo anche dopo. Ma hai la coscienza che ci sia qualcosa di più straziante. Qualcosa di più invadente, che ti buca le ossa, e la tua vita potrebbe essere molto diversa, la tua anima potrebbe perdersi per sempre.

Eppure nulla è eterno, soprattutto la vita. La cosa più fuggevole di tutte, quella a cui tutti ci affezioniamo e che non vorremmo lasciare andare, pur sapendo che prima o poi salterà.

Non siamo mai pronti, però.

E quando la quasi morte si avvicina alla morte, vai nel panico. Lo stomaco si chiude, vorresti cambiare il mondo, aver fatto altre scelte, dichiari finalmente di avere paura. Ti confessi.

Ma se la quasi morte ti riportasse in vita.

Allora sarebbe tutto uguale, e tutto diverso al tempo stesso. Quel senso di perdita svanirebbe e i tuoi soliti quotidiani pensieri tornerebbero ad essere protagonisti di te. Quel senso di perdita si sostituirebbe con quel senso di vita ritrovata, e cambiarla diventerebbe la nostra nuova, vera sfida.

Quel senso di vuoto sarebbe colmato, dalla comodità dei problemi conosciuti.

Quel senso di vuoto tornerebbe in chi è rimasto a guardare, impotente, logorato.

Quel senso di vuoto.

Ancora qui.

photo credits: Aschkelon, Hands

change_the_world__by_this_is_the_life2905-d3dd0vm

La finestra sul nostro mondo

(201511161035)

La parola di quest’anno è: cambiamento.

Cambiare, che siamo stati travolti da eventi personali, o da vicende dell’umanità.

A tutti coloro che continuavano ad andare avanti senza domande, o senza risposte, o senza coraggio, o senza chiarezza, questo tempo ci sta chiedendo di cambiare prospettiva. Viaggio. O punto di osservazione.

Questo tempo ci sta mettendo alla prova; per questo tempo abbiamo cominciato a cambiare la posizione delle carte, riconducendole forse lentamente a quelle che sono state previste dal destino per noi.

E per chi non crede nel destino, riconducendole a una nuova disposizione. Ne siamo praticamente obbligati, per scelta attiva o per scelta subita.

Ciò che viene dopo è visto come un male perché spaventa, l’ignoto fa sempre questo effetto. E’ un male, se giocato senza capire il significato e senza cogliere le opportunità. E’ un bene, se prendiamo i fatti come l’occasione di una finestra sul nostro mondo. A volte non si può fare diversamente.

Mentre scrivo, ci sono persone che hanno perso qualcuno. Ci sono altre persone, come me, che stanno perdendo una parte di se stesse, o della loro funzionalità. Ce ne sono altre costrette immobili, costrette prima di tutto ad affrontare il loro dolore, fisico e morale.

Quello che le accomuna tutte è, appunto, il cambiamento. Non importa che fosse voluto o sia diventato imposto.

E di fronte a questo cambiamento, le scelte sono due: bloccarsi, o andare.

La terza opzione non esiste, mai.

Andare.

L’incredibile opportunità di capire cosa o chi vogliamo, cosa è importante per noi, cosa conta nella vita, o almeno cosa non vorremmo più.

E’ come se stessimo avendo una seconda occasione, che ci aiuti a svegliarci dal nostro torpore ovattato di protezione finto-morbida.

In questa lista di nuove scelte, non dovrebbero esserci proprietà, beni immobili, soldi, stipendi, carriere lavorative; non dovrebbe esserci spazio per ricominciare come se nulla fosse.

Questa lista dovrebbe essere composta dal coraggio della vita ritrovata, dalla voglia di uscire il doppio di prima, dalla voglia di ridere, sorridere, e divertirsi fino a che il nostro destino / Dio / il caso ce lo concederà.

Ma certamente dovremmo smettere di sprecare il nostro tempo. Dovremmo dire quella cosa, dovremmo chiamare quella persona, dovremmo fare quel passo. Dovremmo smettere di stirare i sentimenti con il ferro da stiro caldo e bruciarli, e dovremmo lasciarli piuttosto stesi al sole, permettendo a qualcun altro di prendersene cura.

A chi giova restare nella propria casetta a porta chiusa? Pensiamo che così ci difenderemo, oggi; ma domani sentiremo la mancanza del non aver mai preso aria e di non aver mai fatto entrare quella metà, proprio quella lì. Ci pentiremo.

Il cambiamento spaventa, la felicità fa paura, anche perché la felicità non esiste dal momento che prima o poi viene spezzata dalla fine della vita stessa. Ma vivere senza tentare la felicità dovrebbe fare molta più paura, se si ha un minimo di coscienza lucida.

Meglio un giorno da leone che cento da pecora, dicevano. Meglio un giorno felici che mai, dico. Prendendo tutto quel che viene dopo quel giorno: il bene e il male. Questa è un’antica formula rituale dei matrimoni, che molti non avranno mai la possibilità di sentire davvero dentro, ma ‘nel bene e nel male’… è così che va la vita. E’ così perché sì, perché funziona così.

Qualunque altro giorno abbia in serbo la vita per noi, dovremmo viverlo vivendo, abbracciando, amando. E ricordandoci di dirlo.

Non fermiamoci.

Postilla. Le persone che hanno cambiato il mondo sono state tante, poche quelle che lo hanno migliorato. Ma non crediate che non possiamo fare nulla. Se non tutti possiamo parlare alle masse, tutti possiamo parlare al singolo, e cambiare una vita – e qui penso a chi parla con bambini e ragazzi, ad esempio. Quel singolo, a sua volta, potrà cambiare un’altra persona. Questo si chiama effetto farfalla.
E tutto ritorna nel movimento che genera il vento del cambiamento.
Adesso è ora.

photo credits: ThisisTheLife2905, Change the world

it__s_not_my_world_by_oris_rake

Quando viene la notte

(201511101200)

Sveglia, ancora una volta. La prospettiva delle 4 ore e mezza di sonno, forse 5 se va bene. Se vado io, mi svegliano comunque gli incubi o i pensieri che hanno l’abitudine di aprirmi in due.
Una vita rivoltata, la mia, quella di questi ultimi mesi, ma andando a ritroso di 11.

Scegliere. Andare verso A o verso B.

Non andare, è dove vorrei, in sere come queste. Voglia di riuscire, chiedere per il primo biglietto, urlare un vaffanculo mentale a tutti e non girarsi. A quelli che ti tranciano le famose ali. A quelli che gridano e ti sbatacchiano. A quelli che ti usano. A quelli che non ci sono tanto ti capisco/mi capisci/famo a capisse.
Sveglia, ancora una volta, pregando che un soffio ti porti via, che una fetta di aria ovattata ti avvolga e ti faccia scomparire riducendoti a nebbia, che la pioggia ti sciolga come si comporta l’acido.
Sono i primi germi delle notti che ti vedrebbero star sveglio anche fino alle 4, non importa se il giorno dopo devi rialzarti alle 6.

Sveglia, ancora una volta, per le emozioni che hai provocato, forse ti mancavano?, e ora sei di nuovo così vivo che non capisci più qual era la vita vera, se quella su monorotaia sempre dritta, o questa che guida su strada veloce senza fermarsi al rosso.
L’odio, l’intolleranza, il disagio, il fastidio che diventa fisico, il senso di inappetenza, la voglia di farti un po’ male; sono questi stasera gli amici della tua compagnia.
Il rifiuto di andare a dormire, solo perché non vuoi più svegliarti il giorno dopo sapendo di dovere riaffrontare tutto quanto daccapo. Sarebbe meglio una giornata unica di tempo dilatato dedicata a smaltire, e poi finalmente puff forever off.
Ombre di figure dal passato oggi si materializzano in alta concentrazione ed è la prova che la vita è ciclica, e ciò che non risolvi te lo ritrovi davanti, e può succedere anche dopo 5 anni. E, a quel punto, devi smettere di scappare e devi affrontare il tuo: qualunque cosa succeda, qualunque possa essere il finale.

Nella tipica notte in cui tutto è possibile, potrei cambiare le mie regole, per chi le capisse.

Potrei sovvertire il mondo, cominciare a camminare a testa in giù.
Chiudere per sempre i telefoni, e tornare alla lettera e al campanello.
Potrei rompere vetrate per vedere se è vero che scaricano lo stress, e restare a guardare i frammenti che cadono, affascinata dal luccichio di vetro e sole.
Poi, fissare attratta il sangue che crea rivoli lungo i polsi, come quelli della Natura nei suoi fiumiciattoli.
Potrei piangere per le prossime 6 ore.
Potrei dormire. Ah, dormire.
Potrei arrivare sbriciolata alla fine della notte ed all’inizio del mattino. Ma a chi cambierebbe?
In fondo, io sono una solitaria.

photo credits: Oris Rake, It’s not my world