È un ricordo di una spilla da balia che carica anche un pezzo di pelle e la trapassa senza fermarsi, fino a fare uscire il sangue.
È uno spillo per diabetici per misurare l’insulina che ti buca l’unghia. È impossibile, dicono, però questo c’è riuscito.
È quel buco che ti fai al dito con la buca fogli e ne ricavi un tondo color di sangue rosso perfetto, e quella sua forma circolare.
È il dolore del rompersi una gamba, ed essere costretti a camminare perché non hai di che ripararti.
È uno sparo nel buio.
È uno sparo nella coscia, il sangue cola caldo, stringi forte, non riesci nemmeno a gridare.
È uno sconosciuto che improvvisamente ti strangola, e tu continui a chiederti perché non sei rimasto a casa.
È un buco dentro. Ha forma tonda, ti attraversa, ti buca l’intestino, non c’è – semplicemente – niente.
È il riscatto della vita. È il colpo al cuore, heart shot. Il subbuglio di un improvviso nervoso.
È un crescere lento dei pensieri, fino a che non ti invadono ogni ora e non pretendono che li ascolti, bussando alla porta delle tue orecchie, perché il cuore già ce l’ha un’opinione ma gli serve l’aiuto della testa. Che invece è altrove.
È una grande canna, fumata fino a rimettere le viscere, perché è troppo, la pressione è troppa, urlare non si può e tu sei compresso, e credi di esplodere. Bum.
Bum.
È un coltello a lama lavorata. Infilato lentamente nella carne delle budella e girato a torsione lenta, ma così lenta, che solleva ogni singolo lembo di pelle, sposta le carni, le stacca dai loro fili e dalle loro connessioni, affonda ancora, gira ancora, estirpa l’intestino, lo spacca a elica con quel suo movimento, lento, con il sangue che ricopre le ginocchia, ricopre il pavimento, ricopre le mani.
È un vomito. È un grido disperato senza fiato.
È una spinta violenta data al centro delle tue scapole mentre cadi in un burrone, di cui intravedi solo buio e spigoli, ma la parte che fa più male resta la spinta.
È la morte che ti sveglia e ti costringe alla vista eterna, appeso tirato per i capelli, ti costringe a guardare i momenti di bivio in cui hai fatto tutte le tue scelte. Perché la morte lo sa che sono quelli i momenti peggiori, e non la strada, no: proprio quel punto fermo. La morte ha stretto un patto con il diavolo per tutte le anime che si dannano di aver scelto male.
È la scelta che facciamo e come la usiamo. E a volte non è una scelta che facciamo, ma dobbiamo.
È devastante. È molto doloroso, fa male, accidenti se fa male.
È un proiettile in testa.
È un proiettile che ti squarcia un polmone.
È un groviglio di lamiere che ti spezza in più parti e ti incastra fino a soffocare.
È un nocciolo di ciliegia che va di traverso.
È una reazione allergica.
È incredibile, in-cro-ya-ble.
È l’adrenalina con tutta la sua follia.
È la follia di fare una scelta che abbia troppa adrenalina.
È il rovescio di tutte le medaglie, delle convinzioni e delle certezze.
È il dolore di stomaco quando bevi veleno.
È tossicodipendenza, e tu sei un drogato. Lo eri, lo sei, e lo sarai per sempre.
È tremendamente sentirsi vivi.
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Photo credits: ‘Displaced’ by Lara Jade