(201106150430)
Ieri era una specie di giornata dedicata alla fondazione dei blog. O forse è oggi, boh. Però questa mattina alla radio hanno detto che un blog deve essere aggiornato tutti i giorni, perché i lettori si affezionano e si abituano e, in caso contrario, si stancano e su quella pagina non ci vanno più.
Probabile.
Viviamo di riflessi automatizzati e di aggiornamenti di bacheca. Se non ci compare qualcosa sotto il naso, non andiamo a guardarla. Se non andiamo sulla tale pagina, quella non ci compare sotto il naso. Provate, se non ci credete, funziona così. Funziona con lo stesso principio dei banner pubblicitari: effettuate una ricerca su un qualsiasi argomento e, da quell’istante, tutti i siti che visiterete saranno forniti di consigli per l’acquisto tarati su di voi.
Altro che scanner della retina, che riconosce la vostra età, il sesso e i possibili gusti, propinandovi immagini su cartelloni per strada, come paventava un notissimo film di semi-fantascienza, chissà se qualcuno di voi lo ha visto.
Altro che grande fratello. A me a volte sembra solo una massa di grande nemico, questo controllo ossessivo di ogni cosa che facciamo. Per non parlare di quei messaggi subliminali-ma-nemmeno-tanto che ti mettono un’ansia incredibile, tipo ‘con Skype non sei mai solo’. Maaiuto.
E’ proprio triste essere letti solo perché vi appaio nelle vostre pagine o intaso le vostre caselle email, ma comunque la questione si risolve a monte: non sto scrivendo.
A parte scrivere gli ultimi tre pezzi sul fatto che non scrivo.
E poi: I Viaggi della Druida non sono un diarietto.
Lo ripeto ancora una volta perché sia davvero chiaro.
Sono racconti di narrativa, di vita mia e vostra, proiezioni, viaggi reali, riflessioni e idee per tutti, dove tutti siete invitati a partecipare, come se fossimo in una di quelle feste estive serali di paese. Luminarie che pendono da un lampione all’altro. Un palco rialzato dove il proprietario del negozio di ferramenta tutti gli anni si riveste e presenta lo spettacolo, concludendo con i fuochi d’artificio. Alcuni commercianti formano un’orchestra e intonano una musica ballabile. Ogni volta si da il benvenuto ad un avventore; qualcuno decide di restare, qualcuno si ferma solo un po’ e poi va. I ragazzini scorrazzano tra le sottane buone della domenica, con i lecca lecca in mano. Qualche donna anziana grida loro di comportarsi civilmente. Qualche donna giovane mischia le risate alle note. Un ragazzo corteggia la sua amata, ‘stasera o mai più’, se lo ripete tutti gli anni in silenzio, e ogni anno qualcuno arriva prima e lui resta ad osservare da lontano. Il fotografo nessuno lo vede mai, ma si insinua tra tutti da lontano. Il camioncino dello zucchero filato è preso d’assalto.
Si balla. Si balla, qui, miei amici viaggiatori, e allora ballate!
Non cercate in questa piazza le mie pagine di diario personale, cercate la festa! Che le feste non ci sono sempre, esplodono all’improvviso come secret parties, come le cose della vita, perché la vita non è sempre bellissima, a volte fa veramente schifo, ma voi cercate la festa, è tutto lì il segreto.
E cercatevi un ruolo.
Io non ce l’ho il negozio di ferramenta, per esempio, quindi non posso essere io ad aprire lo spettacolo. Ma la mia indole non è affatto quella della presentatrice.
In quella cornice, io potrei essere solo una persona: la locandiera.
E voi?
Voi chi sareste?
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